Le rotte commerciali delle scarpe false

Mapping the Real Routes of Trade in Fake Goods” è il titolo dello studio pubblicato dall’EUIPO sulle rotte commerciali della contraffazione mondiale.

L’Ufficio individua i Paesi che rivestono un ruolo chiave nella produzione di beni contraffatti e i punti di transito più importanti, suddividendo l’analisi in dieci settori principali che ricomprendono prodotti cosmetici, alimentari, gioielli, abbigliamento, borse, calzature, giocattoli, prodotti farmaceutici.

In particolare, per ciò che riguarda le calzature, la cui commercializzazione genera un volume di circa 123 miliardi di dollari l’anno, la Cina conferma il suo ruolo di principale protagonista nella produzione di falsi, seguita da Filippine, Tailandia, Vietnam e Malesia. Un ruolo di importanza crescente è riconosciuto anche a India; Pakistan, Turchia e Marocco. E’ dunque fondamentale che le aziende verifichino di avere registrato i marchi anche in questi Paesi in modo da poter intervenire all’origine della contraffazione, ossia la fase di fabbricazione. Le principali destinazione dei falsi corrispondono ai mercati più importanti per le aziende sotto il profilo della commercializzazione e cioè l’lEuropa stessa, gli Stati Uniti e il Giappone ma anche Kuwait, Arabia Saudita, Qatar, Australia, e Corea.

Lo studio evidenzia che i prodotti arrivino a destinazione per posta ed in piccole quantità (meno di 5 paia di scarpe).

 

 

Si tratta della conferma di ciò che le aziende di questo settore già sapevano e cioè che modello di business delle contraffazioni si sposta sempre di più verso il B2C. La vendita diretta ai consumatori è facilitata dal proliferare di siti di e-commerce, aste on line, e market-place attraverso i quali i consumatori acquistano direttamente dal produttore o, nel caso dei social network, da soggetti che si limitano a fare da intermediari, ricevendo l’ordine (e il denaro) e facendo poi consegnare la merce direttamente dal fabbricante.

Come rilevato dal WCO (Illicit Trade Report: 2013, www.wcoomd.org) i contraffattori sono costantemente alla ricerca di sistemi per sottrarsi ai controlli e l’enforcement dei titolari dei marchi diventa sempre più complesso. Tra i sistemi più utilizzati per ingannare i controlli doganali vi sono quelli di nascondere la merce contraffatta mescolandola con merce originale oppure di compilare la documentazione di trasporto dichiarando, per esempio, che si tratta di merce “non-name”. Ma accanto a questi tipici modus operandi si vanno via via affermando nuove modalità: i dati sui sequestri di etichette, packaging e ologrammi confermano che sempre più spesso i prodotti vengono spediti separatamente dalle etichette, dai marchi e dal packaging per essere poi nuovamente assemblati una volt che la merce è arrivata a destinazione.

Puoi leggere lo studio completo qui: OECD/EUIPO (2017), Mapping the Real Routes of Trade in Fake Goods, OECD Publishing, Paris. https://dx.doi.org/10.1787/9789264278349-en

 

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Studio Scarpellini Naj-Oleari & Associati

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